XVI domenica del Tempo ordinario (Mt (13,24-43) – 23 luglio
Questa pagina di vangelo dona speranza e nello stesso tempo dice come storicamente, nella Chiesa, nel vivere sociale e familiare, sia difficile vivere tale proposta. Condividere l’immensa pazienza di Dio nei confronti delle lentezze dell’uomo, è complicato.
La mitezza di Dio appare come pazienza, fiducia, attesa dei tempi dell’uomo. È la capacità di non escludere, di non dare giudizi ultimativi e senza scampo, di convivere con il negativo.
La comunità ecclesiale di Matteo era composta di cristiani forti nella fede e altri deboli, semplici e istruiti, persone sante e altri che più facilmente cadevano preda del peccato e del vizio. E questa è la realtà di ogni comunità cristiana.
Tra le “cose nascoste fin dalla fondazione del mondo” delle quali parla Gesù, può anche esserci lo scandalo che resterà fino alla fine del mondo: cioè la presenza della zizzania accanto e in mezzo al buon grano; la presenza della divisione e dell’inimicizia nel mondo, nelle chiese, comunità cristiane e nel cuore di ogni uomo.
E accanto a questo c’è anche lo scandalo della pazienza di Dio che lascia che il male cresca insieme al bene, che l’empio prosperi accanto al giusto. Gesù non strappa la zizzania, non taglia il fico improduttivo, non caccia Giuda dal gruppo dei Dodici, non interviene trattenendolo dal suo peccato, ma lo lascia fare, continuando a chiamarlo amico. Ed ecco che le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, cioè il segreto della storia umana agli occhi di Dio, diviene rivelazione nella croce di Cristo. Scandalo del male nella storia e scandalo della pazienza di Dio si sintetizzano nell’ingiusta morte di croce del Figlio di Dio. Papa Benedetto XVI nell’omelia d’inizio pontificato diceva che “Il mondo non è stato salvato dall’impazienza dei crocifissori ma dalla pazienza del Crocifisso”. Se guardiamo al nostro cuore con onestà, dobbiamo riconoscere che siamo abitati da tanta zizzania. Noi vorremo strappare dal nostro cuore tutto ciò che è sbagliato, cattivo.
Togliere la zizzania non è facile. Occorre certamente criticare, denunciare, anche minacciare di fronte al crescere della zizzania, e tacere è vigliaccheria. Ma poi si lasci a Dio e a lui solo il giudizio.
Il passo di san Paolo - ascoltato nella seconda lettura – dove parla dello Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza, può essere letto come un venire in aiuto per non cedere alla tentazione della fretta; per non trovarci disorientanti tra i grandi problemi del mondo e i mezzi apparentemente poveri del vangelo; di lottare contro la tentazione dell’impazienza che consiste nel presumere di sapere già oggi chi è il cattivo e chi il buono, qual è il grano e quale la zizzania, e nel pretendere di eliminare questa per lasciare solo quello.
Nella fede crediamo che la vittoria del buon seme è certa, ma il ritmo del Regno è tutto ispirato dall’indulgenza e della pazienza che derivano dalla forza stessa di Dio. In Dio, forza e pazienza stanno insieme: il forte non è chi sbaraglia d’un sol colpo ogni ostacolo, ma colui che avanza sopportando le avversità, senza arretrare di un passo dalla speranza.
Con il tema della pazienza il Signore vuole dirci che la cosa più importante è ciò che diventiamo e abbiamo il coraggio di divenire, e non quello che siamo in partenza. Tu non sei le tue debolezze, ma le tue maturazioni.
“Noi a volte abbiamo una gran fretta di giudicare, classificare, mettere di qua i buoni, di là i cattivi... Dio invece sa aspettare”, aggiunge Francesco commentando questa parabola. E aggiunge: "Egli guarda nella vita di ogni persona con pazienza e misericordia: vede molto meglio di noi la sporcizia e il male, ma vede anche i germi del bene e attende con fiducia che maturino". Infatti "Dio è paziente, sa aspettare, ma attenzione la pazienza evangelica non è indifferenza al male; non si può fare confusione tra bene e male, e di fronte alla zizzania presente nel mondo il discepolo del Signore è chiamato a imitare la pazienza di Dio, alimentare la speranza con il sostegno di un’incrollabile fiducia nella vittoria finale del bene, cioè di Dio" (Papa Francesco, Angelus 20 luglio 2014).
D. Sebastiano Carlo Vallati