Pasqua di Risurrezione - 1 aprile 2018
Per questa Pasqua, non offro un commento alla Parola di Dio della liturgia, ma riflessioni che prendendo spunto da alcune poesie dicono la nostra fede nella presenza del Signore risorto.
Col viso vòlto ad oriente, io mi sono coricata
“Col viso vòlto ad oriente/ per aspettare l’alba/ e il cuore vòlto ad un più chiaro oriente/ da cui verrà la risurrezione, / io mi sono coricata. Che importa/ se per una sola notte o per tutte? Uno stesso Signore mi è guida/ verso l’alba e la risurrezione!”. Questa poesia di Margherita Guidacci ci invita a volgere il viso verso oriente, dove sorge il sole, nasce l’alba, per accogliere la risurrezione e raccontare quella speranza. “Oggi il gemere d’ogni silenzio e d’ogni voce/ è fatto canto grande di bellezza/ anche all’inferno fioriscono le viole”, scrive Domenico Ciardi.
Lo stesso Ciardi dice che a tale speranza non è sempre facile dare fiducia: “Questo canto sommesso/ per la vittoria più grande/ questa brace di pasqua/ che pare stentare a incendiare la terra/ o Madre, non cessare di raccontare/ ai nostri cuori avviliti”. In ogni celebrazione si fa memoria della ‘vittoria più grande’ per non cessare di accoglierla e raccontarla. E come scriveva Cristina Campo: “Ti cercherò per questa terra che trema/ lungo i ponti che appena ci sorreggono ormai/ sotto i meli profusi, le viti in fiamme. Volevo andarmene sola al Monte Athos… Ma ora non sei più là, sei tra le grandi ali incerte/ trapassate dal vento, negli aeroporti di luce. Nei denti disperati degli amanti che non disserra più il dolce fiotto, la via d’oro del figlio”. La presenza discreta del Risorto accompagna ora, noi viandanti, nella quotidianità del vivere.
E noi che pensiamo la felicità come un’ascesa
“E noi che pensiamo la felicità/ come un’ascesa, avremmo l’emozione/ che quasi ci smarrisce di quando cosa ch’è felice, cade.” (R. M. Rilke, Elegie duinesi).
Il Risorto aveva promesso che la sua gioia sarebbe stata anche nostra, e che nessuno mai avrebbe potuto privarcene. E possiamo immaginarlo, esultante, attraversare vivo la pietra che avrebbe dovuto imprigionarlo per sempre. Il Risorto ci ha donato il suo stesso destino: pioggia, goccia, seme che cade ed entra nella terra, rispettando la nostra natura più vera, quella di un’umanità che cade. Ed egli attraverserà con noi quella pietra che ha già oltrepassato nella solitudine. Nel Suo nome possiamo riconciliarci con la nostra natura e il suo cadere, perché cadiamo con Lui e in Lui, nella terra che è sua e di nessun altro. Ignazio d’Antiochia divenne frumento di Cristo e se ne rallegrò; Stefano cadde sotto una pioggia di pietre e vide cieli aperti; così caddero Paolo, Perpetua, Felicita, Policarpo e molti altri. Tutta gente che, come ha scritto il poeta Rainer Maria Rilke, si è commossa nel riconoscere la felicità, la gioia nel cadere e non nell’ascesa. Paradossi del cristianesimo, di una gioia, come la pace, che “non come la dà il mondo io la do a voi” (Gv 14,27).
Don Sebastiano Carlo Vallati