III domenica del tempo ordinario - 26 gennaio 2019
Vangelo (Lc 1,1-4;4,14-21)
Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto…
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.
Prima Lettura (Ne 8,2-4a.5-6.8-10)
Da oltre cento anni il popolo d’Israele è tornato dall’esilio di Babilonia, ma non è ancora riuscito a riorganizzare la sua vita. Si vive nell’anarchia più totale. Allora, Artaserse (il re di Persia), dal quale dipende la Palestina, invia a Gerusalemme Esdra, “sacerdote esperto nei comandi del Signore” (Esd 7,11). Costui si rende subito conto che i disordini sono imputabili alla mancata fedeltà alla legge di Dio. Il popolo non la osserva perché non la conosce. Allora il giorno di capodanno, Esdra “porta la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti sono capaci di intendere e la proclama sulla piazza davanti alla porta delle Acque” (vv.1-2), e “dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno”, fa leggere il libro della legge (vv.2-3).
Tutto il popolo è presente perché cosciente che, senza la partecipazione regolare all’assemblea comunitaria, la fede si affievolisce e finisce per scomparire.
Esdra non improvvisa la liturgia della Parola e non trascura alcun particolare. Sceglie il luogo dell’incontro, la “porta delle Acque”, lontana dal frastuono della città, e che offre una buona acustica. Fa preparare una tribuna di legno in modo che il lettore venga a trovarsi in posizione elevata e possa essere visto da tutti. Esdra, stando in alto, apre devotamente il libro e il popolo si alza in piedi per testimoniare la venerazione per il testo sacro, viene pronunciata la benedizione e il popolo risponde “Amen! Amen!”. Poi tutti si inginocchiano e si prostrano.
Gesti che creano il clima giusto per l’ascolto della Parola. Chi partecipa alla celebrazione deve percepire, anche sensibilmente, che non si trova di fronte a un libro, ma davanti al Signore che parla. La celebrazione della Parola ha bisogno di un contesto sacro, rispettoso, solenne.
Però non basta la lettura.
La parola di Dio è efficace solo nella misura in cui viene capita; per questo ha bisogno di essere interpretata e spiegata.
Ma al popolo è ricordato che il giorno dell’incontro con la parola di Dio è sempre una festa (v.10). La certezza che Dio continua a parlare, ad accompagnare e guidare il suo popolo è fonte di gioia.
Luca scrive una cinquantina d’anni dopo i fatti e, unico fra gli evangelisti, dice di non appartenere al gruppo di coloro che hanno conosciuto personalmente Gesù di Nazareth.
Quindi Luca fa precedere la sua opera da prologo (Lc 1,1-4) dove dice che all’origine del nuovo movimento religioso ci sono dei fatti accaduti (v.1). Non sogni, non dottrine filosofiche, non rivelazioni esoteriche, ma fatti, avvenimenti reali che hanno avuto per protagonista Gesù di Nazareth. Ciò che egli ha fatto e insegnato ha avuto dei testimoni oculari che – come dirà Giovanni – hanno “visto con i loro occhi” e “toccato con le loro mani” (1 Gv 1,1-4) e sono poi divenuti “ministri della Parola”, cioè “servi” (v.2). Non inventori di storie, non imbroglioni, ma persone che hanno dedicato tutta la loro vita all’annuncio fedele di ciò che hanno visto e udito.
Anche Luca, come altri, ha deciso di mettersi a scrivere sull’argomento per preparare un resoconto ordinato del quale le sue comunità hanno bisogno.
Ha fatto ricerche accurate su ogni circostanza, guidato da un’unica preoccupazione: trasmettere fedelmente ciò che gli è stato consegnato dai “ministri della Parola” per dare basi solide alla fede dei cristiani (v.4).
Nella seconda parte del brano (Lc 4,14-21) è narrato l’inizio della vita pubblica di Gesù nella sua terra, la Galilea, e l’episodio – che Matteo e Marco collocano verso la metà del loro Vangelo – costituisce per Luca l’apertura programmatica, la sintesi di tutta l’attività di Gesù.
È sabato e la gente va alla sinagoga per pregare e per ascoltare la lettura e la spiegazione della parola di Dio. Gesù si unisce al suo popolo e si rende disponibile a fare da lettore.
Il clima è di raccoglimento e di preghiera, la gente è ben disposta all’ascolto della Parola di Dio e Gesù coglie l’occasione per lanciare il suo messaggio.
Gesù apre il volume; fatta la lettura, arrotola il volume, lo consegna all’inserviente e si siede; gli occhi di tutti sono fissi su di lui.
Il testo scelto è preso dal profeta Isaia. Chi è l’uomo incaricato di portare un lieto messaggio ai poveri? Di chi sta parlando Isaia?
Oggi – comincia a dire Gesù – si adempie questa profezia (v.21).
Non commenta il testo del profeta, ma ne proclama la realizzazione. Ormai non c’è più nessun scarto tra la Parola letta e chi la legge.
Luca inizia e conclude il suo vangelo con Gesù che spiega le Scritture, spiega ciò che sta accadendo (nella sinagoga) e ciò che è accaduto (da Risorto ai due di Emmaus).
Lo Spirito Santo continua a lavorare in chi parla e in chi ascolta per cogliere il senso della Scrittura per noi oggi. A credere che in Gesù Cristo la Parola ha trovato il suo compimento. Credere che Dio è venuto a cercare l’uomo, soprattutto l’uomo che fatica, a portare buone notizie ai poveri, la libertà ai prigionieri, un po’ di luce a chi è nel buio, sollievo a chi è oppresso.
Gesù narra Dio perdonando, guarendo, liberando dal male.
D. Sebastiano Carlo Vallati