La prima domenica di quaresima raccontava del diavolo che portando Gesù su di un alto monte gli diceva che se si sarebbe prostrato a lui, avrebbe avuto in possesso i regni del mondo che satana gli mostrava in quel momento.
Oggi il vangelo presenta Cristo sul monte che si manifesta ai discepoli come colui che ha ottenuto ogni potere in cielo e in terra e i discepoli si prostrano dinanzi.
Cristo ha raggiunto ciò che gli prometteva il demonio, ma attraverso un’altra logica.
Allora quando Gesù invita i discepoli ad andare e fare discepoli tutti i popoli, è un invito ad andare accettando la logica di Gesù.
Nella prima lettura si legge che Gesù “si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio”.
Il Regno di Dio che Gesù è venuto a portare e verso il quale camminiamo, non si compie per incanto, ma attraverso il dramma della libertà e dell’amore vissuto fino alla fine, anche se non conosce fine perché è apertura all’infinito.
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Nello stesso momento in cui il Signore Gesù si separa da noi, ci promette una sua presenza ancora più profonda. Il suo salire al Padre non è una abbandonarci, ma è il modo più rispettoso e vero per accompagnarci.
Lo stile di Dio è quello di un amore che rispetta la libertà dell’uomo.
Le parole rivolte dall’angelo a Maria nel momento dell’annunciazione – “Il Signore è con te” – sono rivolte anche a noi e dicono che il regno di Dio è sì un regalo, ma richiede anche il nostro lavoro che è possibile grazie alla forza che viene dallo Spirito Santo.
San Paolo ci ricorda che in Gesù possiamo conoscere il “perfetto compimento di tutte le cose”. Questo compimento non cala dall’alto, ma cresce faticosamente dalla terra della nostra fedeltà al quotidiano normalmente fragile.
Quando Gesù annuncia il Regno di Dio usa sempre le immagini del chicco di grano, di un seme che diventa albero lentamente.
Ripensiamo al racconto di Emmaus e alla presenza discreta del Risorto: Cristo è accanto a noi e noi spesso non ci accorgiamo della sua presenza. L’Eucaristia, la Parola, la carità, uomini e donne docili al lavoro dello Spirito santo: questi sono i segni che Gesù ci lascia per rimanere con noi.
E Gesù è presente lì dove ci sono cristiani che hanno lo stile di Gesù.
I soldati tedeschi portavano sulla cintura della divisa la scritta “Dio è con noi”, ma certamente Dio di Gesù Cristo non poteva essere con loro.
Il Risorto è presente in mezzo agli annunciatori nella misura in cui questi ultimi si conformano a chi, pur avendo ricevuto ogni potere in cielo e in terra, affida la diffusione dell’evangelo ad una parola umana chiamata a rivolgere un invito e non già ad esercitare un dominio.
Quel cenno fatto dal vangelo che i discepoli ancora dubitavano, accenna il mistero della fede: quando il credente in Dio aderisce a lui, mette la fiducia in lui, egli crede, ma nello stesso tempo è assalito dal dubbio e nelle sue profondità scopre un non credere, un’incapacità di aderire, di mettere fiducia piena e totale in Dio. È una lotta nella quale segretamente agisce lo Spirito santo che soffia sui dubbi, sulle domande, non per spegnerle, ma per renderle capaci di “vedere nella fede” ciò che non saremmo capaci di vedere con le nostre sole facoltà. E allora ecco che la fede può vincere sull’incredulità.
Nessuno di noi è esente da questo travaglio del credere, ma anche nessuno di noi è lasciato solo da Gesù e dal suo Spirito.
All’inizio del vangelo alla vergine era stato annunciato che avrebbe dato alla luce un Figlio, il Dio-con-noi, l’Emmanuele (Mt 1,23; Is 7,14); ora, anche se nel seno del Padre, nella gloria divina, Gesù resta il Dio-con-noi per sempre.
D. Sebastiano Carlo Vallati