XXIII domenica del tempo Ordinario - 8 settembre 2019
Dal Vangelo secondo san Luca (14,25-33)
Siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
La prima lettura, tratta dal libro della Sapienza (9,13-18b), evidenzia la distanza tra i criteri di Dio e quelli degli uomini. “Le mie vie non sono le vostre vie”, dice Dio attraverso il profeta Isaia.
La parola “sapienza” ha la stessa radice di sale, sapore. “Avere sapienza” può essere letto come il trovare ciò che dà sapore alla vita.
Il Salmo 89 (90) invita a trovare la sapienza del vivere guardando la fragilità della vita: l’uomo che ritorna in polvere; i suoi anni, per quanto lunghi, sembrano un soffio davanti a Dio per il quale “mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato… Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”.
Ma il Salmo non si chiude con una visione pessimistica dell’esistenza. Anzi chiede a Dio: “saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni!”.
L’incontro con la fragilità della vita può diventare anche per noi occasione per riflettere, per chiedersi se c’è qualcosa di solido, di fermo, di saldo nella vita.
Il Vangelo di questa domenica può essere letto proprio in quest’ottica.
A) Riguardo alla prima lettura, Gesù rivela una logica quasi opposta alla nostra.
Noi che spesso siamo lì a contare quanti siamo, a rimpiangere i tempi che furono quando c’era ancora la fede, o ad esaltarci quando si riempiono le piazze, Gesù mostra una libertà impressionante riguardo a i numeri.
Infatti alle folle numerose che lo seguivano Gesù non nasconde le difficoltà della sequela.
Atteggiamento di Gesù, che ne rivela la grandezza per la schiettezza, la sincerità, per il non volere accalappiare discepoli a tutti i costi. Veramente le vie di Dio non sono le nostre.
B) Per quanto riguarda il legame con il Salmo, sul tema del trovare la sapienza del vivere, ricordiamo l’impianto narrativo del vangelo di Luca: Gesù sta salendo a Gerusalemme, dove prenderà la croce, e i suoi discepoli lo lasceranno da solo.
In quel momento avrà l’ulteriore conferma che nella vita l’unico che non lo deluderà sarà suo Padre.
Allora capisci l’esortazione di Gesù: “Chi non mi ama più di…”.
La vecchia traduzione diceva: “chi non odia”. Non si tratta infatti di ‘odiare’ il padre, la madre, il consorte ma piuttosto di considerare l’essere discepoli di Gesù più importante di questi legami e di qualsiasi altra cosa.
I legami affettivi sono sacrosanti, degni di tutta l’attenzione necessaria, luoghi dove hai spesso le maggiori attese.
Ma l’esperienza della vita ti dice che l’altro è anche solo un uomo, una donna, con i suoi limiti, i suoi difetti.
Il matrimonio cristiano è il riconoscere che il fondamento di quel legame è Gesù Cristo.
L’invito ad amare Gesù Cristo più di ogni altro legame è perché solo così tutti i legami, tutti gli affetti possano essere vissuti in pienezza, con sapienza.
San Cipriano, commentando il Padre Nostro, si chiedeva: “perché preferire Cristo a tutti?”. E rispondeva: “perché Cristo ha preferito noi a tutto”.
Non preferire nulla all’amore di Gesù è la risposta del discepolo all’amore di Cristo per noi.
Del resto l’amore di Dio per noi gli è costato un caro prezzo. E se a Dio è costato caro amarci, costerà caro anche a noi amare Lui.
Ciò che Gesù propone è un cammino di libertà, per trovare il sapore della vita.
La sequela di Cristo rende liberi.
Le parole dure del vangelo possono aiutarci a riflettere se davvero Gesù è il Signore della nostra vita e a comprendere che la fede cristiana offre un cammino di libertà nella luce di quel Dio che ha preferito noi a tutto.
don Sebastiano Carlo Vallati