Le nostre novelle
XII domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Le letture di questa domenica possono essere lette attraverso il tema dell’ospitalità, come scelta impegnativa che mette in gioco la vita dell’uomo.

XII domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

 

Le letture di questa domenica possono essere lette attraverso il tema dell’ospitalità, come scelta impegnativa che mette in gioco la vita dell’uomo.

Nella prima lettura si narra l’accoglienza offerta al profeta Eliseo da una donna.

Nel mondo orientale l’ospitalità del pellegrino aveva una grande importanza e il legame tra fede e ospitalità era molto forte. Infatti, il credente Abramo divenne anche il modello di ospitalità perché aveva accolto nella sua tenda, presso le querce di Mamre, tre pellegrini e accogliendo loro, ospitò Dio stesso.

L’accoglienza del pellegrino era sempre collegata alla vita.

I tre personaggi annunciano ad Abramo la sua futura paternità.

Identica cosa è narrata nel brano odierno, dove Eliseo prevede per la Sunnamita una futura maternità.

Le parole di Gesù “Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”, non possono essere lettere in relazione all’ospitalità?

Come a dire:

accogli nella tua vita, nella tua casa, Gesù Cristo: cerca di conoscerlo perdendo la vita, spendendo la vita nel fare la sua volontà, e conoscendo Lui, conoscerai anche te stesso.

Abbraccia la tua croce, per mettere a morte l’uomo vecchio che abita dentro di te: “Fate morire le vostre membra che appartengono alla mondanità” (Col 3,5).

Pensiamo al prezzo pagato nella sequela del Signore Gesù dai cristiani martiri.

Nella passione di una donna e madre cristiana dell’inizio del III secolo, per esempio, si legge: Il procuratore Ilariano, avendo il potere della spada, mi disse: “Abbi pietà dei capelli bianchi di tuo padre e della tenera età d tuo figlio. Sacrifica agli dèi per la salute degli imperatori”. Ma io risposi: “Non faccio sacrifici agli dèi”. Ilariano mi chiese: “Sei cristiana?”. Risposi: “Sì, sono cristiana”. (Passione di Perpetua e Felicita 6,3-4)

Come dice la Regola di Benedetto (4,21): “Nulla preferire all’amore di Cristo”.

 

b) apriti all’accoglienza anche di chi non è della tua famiglia, del tuo giro, del tuo clan.

L’accoglienza di un ‘estraneo’, mette in gioco la tua libertà, la tua fede.

Accogliere un profeta non è facile, perché le sue parole mettono in crisi la nostra coscienza, mettono a nudo le nostre ipocrisie.

Quante persone sono state zittite perché voci fuori del coro.

Papa Paolo VI diceva che il rapporto tra i profeti e la Chiesa è un rapporto di sofferenza. Soffre il profeta perché è più avanti degli altri e non è capito; soffre la Chiesa perché intuisce che dovrebbe essere là dov’è il profeta, ma non ha la forza e il coraggio di compiere il cammino (ne è esempio la vita di don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari).

 

c) Accogli la croce. La croce non è un segno di masochismo. La croce è anzitutto il segno di un’appartenenza totale, dove ti metti in giorno per amore di Gesù Cristo.

La croce è anzitutto un accogliere il modo di pensare, vivere di Cristo.

Chiunque si scopre capace di morire al proprio bisogno di essere amato e servito per trasformarlo nel desiderio di amare e servire l’altro, scopre quanto è feconda la gioia di cercare sempre forme concrete per offrire all’altro il dono dell’ospitalità.

E il poco che possiamo offrire agli altri, ai piccoli, ai poveri, anche un solo bicchiere d’acqua, ci apre le porte verso una ricompensa, nel giorno del giudizio, certamente, ma anche già qui e ora, cominciando a sperimentare il centuplo sulla terra.

Possiamo chiedere di accogliere i profeti, cioè tutte quelle parole che ci mettono in crisi.

E chiediamo di unire all’ospitalità la vita: per Abramo fu la paternità; per la Sunnamita la maternità; per ogni credente che accoglie la croce, la promessa di Gesù: “Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per  causa mia, la troverà”.

 

D. Sebastiano Carlo Vallati

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