Le nostre novelle
XXIII domenica del tempo ordinario - 10 settembre
Le letture di oggi propongono una delle azioni più delicate, quella della correzione fraterna. “Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, và e ammoniscilo”.

XXIII domenica del Tempo ordinario  10 settembre

Le letture di oggi propongono una delle azioni più delicate, quella della correzione fraterna.

Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, và e ammoniscilo”.

La chiesa raccoglie uomini e donne, giusti e peccatori, forti e deboli, persone ricche di doni e persone povere anche spiritualmente. Nella chiesa, fin dall’inizio, c’è di tutto. È una porzione di umanità che, certo, si converte, tenta di fare ritorno a Dio seguendo Gesù, ma resta una porzione di peccatori, capaci di compiere il male. Registra al suo interno contraddizioni al Vangelo: conflitti, opposizioni, gelosie, divisioni.

All’inizio di ogni sequela di Gesù, nella vita personale e in quella comunitaria, la convinzione, l’entusiasmo e la fatica per affermare ciò che si desidera arginano con forza il peccato, così che le patologie comunitarie e le cadute personali appaiono rare.

Poi però sopraggiungono il peso della quotidianità, la stanchezza, la debolezza della convinzione, il dubbio e la diffidenza, ed ecco che nella vita del cristiano, in quella di una storia d’amore come la coppia, in una vita comunitaria, si manifesta il male: il male che appare compiuto non da un nemico, ma da un fratello, da una sorella.

Vedendo questo Gesù offre delle indicazioni: “Se il tuo fratello ha commesso il male contro di te…”.

Dobbiamo ammettere che nelle nostre comunità ecclesiali viviamo in un clima di una certa indifferenza dove i comandamenti che regolano le relazioni sembrano essere: “vivi e lascia vivere; ciascuno si facci i fatti propri”.

La correzione fraterna è necessaria ma delicata se pensiamo che “prima di togliere la pagliuzza che è nell’occhio… la trave che è nel tuo”. Ma è anche vero che se aspetti a dire qualcosa all’altro solo, quando sei a posto, pulito… allora non parli più e spesso la verità è detta anche da gente che possiamo considerare in peccato, non proprio irreprensibile.

La correzione fraterna richiede molto intuito, intelligenza, se no si rischia di perdere l’altro per sempre, invece di guadagnarlo.

E per quest’arte delicata, il vangelo suggerisce alcune modalità operative.

Se il tuo fratello ha commesso il male contro di te, va’ a parlargli da solo a solo e mostragli il suo peccato”. La prima urgenza è questa: l’offeso deve andare a parlare personalmente con l’offensore.

Prima si parla all’interessato e poi se è necessario si coinvolgono altri membri della comunità.

Quante volte tutti sanno, ma nessuno ha parlato con la persona coinvolta. E poi certe voci messe in giro sono poi difficili da togliere.

In alcune comunità si mette come regola fondamentale per il vivere comune che “non si deve mai parlare del fratello in sua assenza”: è proibita la parola di nascosto.

Ciò non è facile né spontaneo, e occorre non recarsi dall’altro sotto l’impulso della collera accumulata dentro di sé. È invece necessario il discernimento dell’ora giusta e propizia, quando del proprio cuore si ha un certo dominio, quando si è disposti ad ascoltare e quando si discerne che l’offensore può comprendere.

Già la scelta del momento opportuno richiede la grande virtù della pazienza evangelica. Parlare all’altro, da solo a solo, con mitezza, senza spirito di vendetta e di umiliazione, nella discrezione.

Ma non è detto che questo tentativo vada a buon fine, perciò Matteo continua: “Se non ti ascolta, fa’ un altro tentativo, prendendo con te due o tre testimoni. E se anche questa opzione fallisse, allora rivolgiti alla comunità, alla chiesa tutta”.

La procedura indicata dall’evangelista è un’indicazione, non una legge: per questo occorre sempre saper creare nuove vie di riconciliazione, adattandole alle diverse situazioni e persone. L’esperienza insegna che tante volte ci si deve arrestare al primo tentativo, fermandosi alla correzione da solo a solo, perché dire tutto ad altri o all’intera comunità aggrava la situazione, crea esclusione e ritarda la conversione.

 

Anche le parole di Gesù sulla correzione fraterna vanno dunque lette con intelligenza creativa, perché lasciano a ogni cristiano la responsabilità di come realizzarle.

Anche chi ha peccato contro la comunità, la famiglia, il gruppo, non va demonizzato, ma va amato, perché addirittura i nemici vanno amati, come Gesù “amico di pubblicani e di peccatori” e non amico di chi si riteneva giusto e impeccabile.

L’accento posto dal brano del Vangelo è sullo sforzo di ricuperare il fratello sullo sfondo della parabola della pecorella smarrita: “Il Padre celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”.

San Benedetto, nella sua regola monastica scriveva: “L’abate, se ha applicato i lenitivi, l’unguento delle esortazioni, la medicina delle divine scritture, infime il ferro rovente della scomunica e tuttavia constata che ogni suo intervento non giova a nulla, allora faccia ricorso alla terapia che è ancora più efficace: la preghiera sua e di tutti i suoi fratelli, perché il Signore – cui tutto è possibile – operi la guarigione del fratello malato”.

La preghiera giunge a questo punto: farla prima, saltando tutte le fasi precedenti, si rischia di trovare un alibi alla propria pigrizia relazionale.

Personalmente nutro una grande stima nei confronti di chi si assume la responsabilità della correzione fraterna.

Preghiamo per tutti coloro che si assumono il non facile servizio di questo compito perché il Signore doni loro intelligenza e sincerità per correggere i fratelli con dolcezza e al momento opportuno.

Preghiamo perché le nostre comunità ecclesiali siano sincerante interessate all’altro, soprattutto all’altro che ha peccato o sbagliato perché sa che “il Padre non vuole che perda nessuno di questi piccoli”.

D. Sebastiano Carlo Vallati

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