XXVIII domenica del tempo Ordinario – 15 ottobre
Mt 22,1-14
In quel tempo Gesù riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: «Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Nel tempio di Gerusalemme Gesù racconta tre parabole indirizzate ai capi dei sacerdoti e alle guide religiose che contestavano la sua autorità.
Domenica scorsa abbiamo ascoltato la parabola dei vignaioli malvagi. Il tema di fondo della parabola che la liturgia di questa domenica ci presenta è lo stesso: il rifiuto opposto al Signore della vigna o al Re che offre il banchetto.
Un re vuole celebrare le nozze di suo figlio con un grande banchetto.
Invia dunque i suoi servi a chiamare alla festa gli invitati, ma questi, anziché sentirsi onorati, non rispondono alla chiamata e non danno segni di volerla cogliere.
Allora il re invia altri servi ad annunciare agli invitati: “Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Il re ripete l’invito non una ma due volte. Dice che tutto è pronto e il banchetto non può essere rimandato.
Conoscendo le profezie dell’Antico Patto (ad esempio Is 25, 6-10) chi ascoltava Gesù sapeva che nelle sue parole si narrava l’unione nuziale tra il Messia e il suo popolo, che Lui era lo Sposo in vista delle nozze ormai vicine (Mt 9,15).
Però, il dono di Dio è rifiutato e tutti disertano le nozze.
Ma quel Re è il Signore misericordioso, paziente, che sa aspettare, e invia una terza volta i suoi servi a rinnovare l’invito.
Però, la sua offerta non è accolta. Gli invitati rispondono rifiutando ancora una volta l’invito: hanno altro da fare.
Non solo non rispondono con un sì ma, come offesi da quell’invito ripetuto, insultano gli inviati, li cacciano e ne uccidono alcuni!
Com’è possibile non stimare un dono rinnovato gratuitamente più volte?
Il racconto poteva allora finire così.
E invece la parabola continua con un altro invio, perché il banchetto nuziale va comunque celebrato e festeggiato.
Questa volta l’ordine dato ai servi è di andare lungo le strade, ai crocicchi, dove stanno i pellegrini, i viandanti, i mendicanti, gli “scarti”. Così la sala del banchetto si riempie non degli invitati, degli eletti del Signore chiamati personalmente da lui, ma di coloro che non erano mai sembrati degni a nessuno di partecipare a una festa, a un banchetto nuziale. Entrano nella sala giusti e ingiusti, buoni e cattivi, tutti resi degni dalla misericordia del Signore: è un pranzo dove si trovano insieme il buon grano e la zizzania, i pesci buoni e i pesci cattivi.
Quando la sala è piena, giunge il re, che si mette a salutare gli invitati dell’ultima ora. E nota che uno di loro non ha l’abito nuziale.
Cosa significa questo?
Per noi non è facile comprendere la reazione del re, che lo caccia fuori dalla sala.
Il monaco Enzo Bianchi spiega che “forse possiamo capire meglio questo particolare, se ricordiamo gli usi dei banchetti nuziali di quel tempo. All’entrata nella sala, ciascun invitato riceveva in dono uno scialle da mettersi sulle spalle come segno di festa. Ebbene, il re nota che uno degli invitati è privo di questo scialle: certamente questo dono gratuito gli era stato offerto, ma egli lo aveva rifiutato”.
Di fronte al dono immeritato e sorprendente dell’invito al banchetto, di fronte a quel dono dell’abito che significava la sua volontà di “cambiarsi”, di mutare comportamento, egli ha opposto un rifiuto. Quell’abito gratuito era un onore per l’ospite, un dono da accogliere, e invece egli ha detto “no”.
Quest’uomo ha accolto l’invito a nozze, ma poi ha deciso che tale invito non significava nulla per lui: non aveva alcun desiderio di mutare.
Allora il re lo butta fuori. Poteva fare altrimenti?
Quell’uomo non doveva meritare l’invito, perché è gratuito, una grazia.
Ma, almeno accoglilo, ti hanno dato perfino il vestito.
D. Sebastiano Carlo Vallati