Le nostre novelle
Pentecoste - 20 maggio 2018
Come per Pasqua, anche per la domenica di Pentecoste non offro un commento vero e proprio alla liturgia della Parola ma delle brevi riflessioni sul tema dello Spirito a partire da testi poetici, preghiere e un commentario rabbinico al Cantico dei Cantici.

Pentecoste - 20 maggio 2018

Come per Pasqua, anche per la domenica di Pentecoste non offro un commento vero e proprio alla liturgia della Parola ma delle brevi riflessioni sul tema dello Spirito a partire da testi poetici, preghiere e un commentario rabbinico al Cantico dei Cantici.

Solo qualche bomboletta fumogena in Via Bigli?

“Siamo alla Pentecoste e non c’è modo/ che scendano dal cielo lingue di fuoco. / Eppure un Geremia apparso sul video/ aveva detto che sarà questione di poco. / Di fuoco non si vede nulla, solo/ qualche bomboletta fumogena all’angolo di Via Bigli…”.  Eugenio Montale in questa poesia si lamenta di vivere in un mondo senza alcun segno pentecostale. 

In genere siamo portati ad abbinare allo Spirito Santo segni esteriori visibili. E spesso chiediamo tali segni per credere. Come il poeta Milosz: “Vieni, Spirito Santo/ piegando (oppure no) l’erba, /mostrandoti (oppure no) con una lingua di fiamma sul capo… / Sono un uomo, ho quindi bisogno di segni visibili, /il costruire scale di astrazioni mi stanca presto./ Ho chiesto più volte, lo sai, che la figura in chiesa/ levasse per me la mano, una volta, un’unica volta./ Capisco però che i segni possono essere soltanto umani./ Desta dunque un uomo, in un posto qualsiasi della terra/ (non me, perché ho comunque il senso della decenza)/ e permetti che guardandolo io possa ammirare te”. 

Lo Spirito, il più delle volte, lavora nel cuore in modo discreto creando uomini e donne spirituali capaci di custodire il segreto dell’amore. Alcuni versi di D. M. Turoldo offrono l’immagine di un nomade di Dio che respira nel vento dello Spirito e procede verso l’incontro atteso: “Sono vagabondo come il vento. / Libertà è mio tempio e casa. Respirare è respirarti/ vivere è rivelarti, / amare è amarti. / Allora andremo/ leggeri nel vento… Così varcherò l’ultima soglia/ l’anima danzando”.

Il tuo collo tra i fili di perle

In un commentario rabbinico del Cantico dei Cantici al versetto “Il tuo collo tra i fili di perle” (Ct 1,10) si legge: “Mentre componevano una collana con le parole della Torah, passando dalle parole della Torah ai Profeti e dai Profeti agli Scritti, ecco che un fuoco si accese attorno a loro e le parole diventarono gioiose come lo erano quando furono donate al Sinai; infatti, al Sinai furono date nel fuoco, come sta scritto: Il monte ardeva nel fuoco fino al cuore del cielo (Dt 4,11). Ben Azzai se ne stava seduto e spiegava la Scrittura e il fuoco ardeva attorno a lui. Andarono a chiamare Rabbi Aqiba e gli raccontarono cosa stava succedendo. Rabbi Aqiba si recò da Ben Azzai e gli disse: Mi han detto che stavi spiegando la Scrittura e che un fuoco ardeva attorno a te. Sì, rispose Ben Azzai. E Rabbi Aqiba a lui: Avevi una visione? No. Ero seduto e stavo facendo una collana con le parole della Torah e le parole erano gioiose e dilettevoli come lo erano quando furono consegnate per la prima volta al Sinai”. A tutti succede di essere toccati da una parola: d’amore, di rimprovero, di sapienza. Quella parola diventa per te preziosa come una perla. La Scrittura possiamo immaginarla come un insieme di perle, infilate, una dopo l’altra, come in una collana. E un fuoco si accende, dentro e fuori, chi la indossa.

Per le vie della città, contagiosi della gioia

Un midrash descrive il capitolo 34 del Deuteronomio immaginando che la morte di Mosè avvenga così: “Dio scese dall’alto per prendere l’anima di Mosè e gli disse: Mosè, chiudi gli occhi… posa le mani sul petto… adesso accosta i piedi e Mosè eseguì. Allora Dio chiamò l’anima di Mosè dicendole: Figlia mia, ho fissato un tempo di 120 anni… Ora è giunta la tua fine; parti, non tardare. E l’anima: Re del mondo, io amo il corpo santo di Mosè e non voglio lasciarlo. Allora Dio baciò Mosè e prese la sua anima con un bacio della sua bocca, poi Dio pianse per la morte di Mosè”. Attraverso un bacio Dio prende il respiro e l’anima di Mosè. Nella risurrezione, al respiro mortale dell’uomo si sostituisce lo Spirito divino della vita: “Se togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella polvere; mandi il tuo Spirito e sono creati” (Sal 104). Facciamo nostra la preghiera di M. Delbrel: “Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra. Poiché le tue parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per possederci e per correre il mondo in noi. Permetti che qualche scintilla del tuo Vangelo ci raggiunga e ci pervada. Fa’ che corriamo per le vie della città contagiosi della gioia”.

don Sebastiano Carlo Vallati 

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