Le nostre novelle
Nascita di s. Giovanni Battista - 24 giugno 2018
Nella prima lettura, tratta dal libro di Isaia, si legge: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra". 

Nascita di s. Giovanni Battista - 24 giugno 2018

Nella prima lettura, tratta dal libro di Isaia, si legge: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra". Il salmo 138 sottolinea ancora questo concetto: "Sei tu (o Dio) che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre... Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi".

Ognuno di noi può pregare: «Sei tu, Signore, che hai plasmato il mio profondo, tu mi hai tessuto nel grembo di mia madre … Quando io ero plasmato nel segreto, … i tuoi occhi vedevano il mio embrione» (Sal 139,13.15-16).

Dio ci conosce da sempre, i suoi occhi ci vedevano quando eravamo "ancora informi" nel seno della madre. La missione di san Giovanni Battista è tracciata ancora prima che nasca: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore, a preparargli le strade...".

Giovanni, ancora nel grembo di sua madre al sesto mese, percepisce la presenza del Signore, appena concepito nel grembo di Maria. Tutto il ministero di Giovanni sta nel discernimento della presenza, della venuta, del Signore. Giovanni dovrà riconoscere e indicare a Israele il Signore, dovrà diminuire alla presenza del Signore perché la presenza del Signore possa crescere.

Giovanni discerne, intuisce la presenza del Signore, sollecita la madre a riconoscere quella presenza nel grembo di Maria e poi un domani lascia che sia Dio a determinare la sua vita. Prima nel deserto, da solo, poi accogliendo la gente che andava ad ascoltarlo, infine l’accettazione della prigione, fino alla morte. Giovanni lascia che Dio gli plasmi la vocazione giorno dopo giorno.

Uno dei temi del vangelo è quello di una certa tensione creatasi sulla scelta del nome, tra quello “di suo padre, Zaccaria” e “Giovanni”, suggerito dalla madre.

Zaccaria significa “Dio si è ricordato”, mentre Giovanni “Dio concede misericordia”. (Elisabetta: “Dio l’ha giurato”). 

Il nome Zaccaria sembra un invito a guardare al passato, come se il passato debba orientare il presente. Giovanni, invece, concentra l’attenzione sul presente e su ciò che il Signore farà nell’oggi. Con un tale nome la madre è consapevole di andare contro una tradizione antica, ma ormai sterile (come lei). E con tale scelta il padre riconosce il valore del messaggio divino ricevuto. “Giovanni” porta in sé la grazia di una promessa del Signore a cui è sempre difficile credere: “Ecco, io faccio una cosa nuova: propri ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19). E con quel nome il bambino riceve l’investitura come messaggero della “Misericordia”.

Come Giovanni, ognuno di noi, ogni persona che nasce in questo mondo, ha un nome che è nascosto all’ombra della mano di Dio. 

La piccola tensione creatasi nel dare il nome al figlio di Zaccaria ed Elisabetta, ci aiuta a comprendere che anche il nostro nome non deve coincidere con le aspettative e i giudizi degli altri.  Infatti, come si legge nella seconda lettura, nel libro degli Atti Giovanni dice: “Io non sono quello che voi pensate” (13,25). Quello che noi siamo, e saremo anche con la grazia di Dio, non dipende solo dalle pagine già scritte nel libro della nostra storia, ma anche da tutte quelle parole che il Signore intende ancora rivolgerci.

Davanti allo sguardo di Dio, che ci conosce, “che ha formato i miei reni e mi ha tessuto nel grembo di mia madre, che ha fatto di me una meraviglia stupenda” (Sal 138) possiamo chiedere il dono della fiducia per camminare nel sentiero della vita.

 

Due notizie sulla data liturgica del 24 giugno

All’inizio dell‘estate, ecco la festa della natività di Giovanni il Battista, una ricorrenza antichissima, già celebrata da sant’Agostino in Africa. 

Oltre a quello di san Giovanni Battista, la Chiesa ricorda solamente il giorno della natività di Gesù e di Maria. Egli è il più grande fra i nati di donna, cerniera fra i due Testamenti. La sua figura e la sua missione restano esemplari per la Chiesa di ogni tempo. Il Battezzatore è stato soprattutto il Precursore del suo Signore, nella predicazione da vivo (pur con toni e contenuti diversi) e nella morte.

Se la chiesa ricorda la nascita di Gesù il 25 dicembre, non può che ricordare quella di Giovanni al 24 giugno, essendo essa avvenuta, come testimonia il Vangelo di Luca, sei mesi prima. E il parallelismo di queste date contiene anche una simbologia, almeno nel bacino del Mediterraneo che è stato il crogiolo della fede ebraico-cristiana: se il 25 dicembre è la festa del sole vincitore, che comincia ad accrescere la sua declinazione sulla terra, il 24 giugno è il giorno in cui il sole comincia a calare di declinazione (solstizio d’estate), proprio come è avvenuto nel rapporto del Battista con Gesù, secondo le parole dello stesso Giovanni: “Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,30). Giovanni è il lume che decresce di fronte alla luce vittoriosa, è la lampada preparata per il Messia (cf. Sal 132,17 e Gv 5,35), è il suo precursore nella nascita, nella missione e nella morte, è il maestro di Gesù, suo discepolo che lo segue, è l’amico di Gesù, lo sposo veniente, come dice il quarto Vangelo.

D. Sebastiano Carlo Vallati

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