XIV domenica del Tempo Ordinario - 8 luglio 2018
Dal vangelo secondo Marco (Mc 6, 7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Gesù aveva scelto i Dodici perché “stessero con lui”.
Ora, li invia in missione, li mette in cammino per le strade verso la gente.
Certamente i Dodici apostoli inviati rappresentano la chiesa e ciò che Gesù dice loro riguarda tutta la chiesa in missione oggi.
Il Signore dà un mandato missionario che è segno dell’essere sempre in cammino, in continuo movimento. Questo significa che alle comunità cristiane è chiesto di non chiudersi in sé stesse ma di andare verso la gente, incontrare le persone nella loro vita reale, ad affrontare situazioni diverse e sfide inedite, ad abitare ambienti sconosciuti, a vivere in contesti sempre altri.
E li manda “a due a due” perché l’annuncio del Vangelo non è l’opera di un battitore libero ma di un compagno di viaggio. Non da solo, ma insieme a un altro per non cercare protagonismi personali, per custodirsi a vicenda, per condividere fatiche e gioie. Dice Qohelet: “Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi… Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto» (Qo 4,9-12). La comunione è la prima missione. È testimonianza della comunione di vita trinitaria: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23).
Il bastone che Gesù ordina ai Dodici di prendere con sé non serve a percuotere ma a sostenersi nel cammino. “Il tuo bastone e la tua verga mi consolano e tu sei con me” (Salmo 23); la parola di Dio è il bastone al quale appoggiarsi e fare affidamento nella fatica della missione.
Come i Dodici, la chiesa non deve prendere pane per assicurarsi nutrimento e sostentamento, né una sacca per accumulare beni superflui che appesantiscono e rallentano il cammino, né denaro per garantirsi benessere e indipendenza economica. A muovere i Dodici nel loro essere discepoli e missionari sono il distacco, il disinteresse, la gratuità. Non sono i mezzi potenti a rendere efficace la testimonianza missionaria dei discepoli di Gesù. La fiducia e il fondamento dell’annuncio vanno posti in una vita di fede e di solidarietà con i fratelli più poveri.
“Dovunque entrate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì”, invito a non essere umanamente girovaghi ma saper vivere le relazioni con fedeltà, serietà e stabilità. Un invito a non cercare logiche di opportunismo.
I Dodici dovranno fare un’esperienza di fraternità umana, un’esperienza di provvidenza divina attraverso la benevolenza degli uomini. Prima di parlare e predicare dovranno essere pronti a ricevere l’umanità delle persone sconosciute, camminando con fiducia nella missione. Il rischio è quello di voler solo e sempre dare per primi, e non essere disponibili innanzitutto a ricevere da altri, ad ospitare l’ospitalità
Gesù non promette ai Dodici consenso e successo ma annuncia loro che conosceranno opposizione e rifiuto. Dicono che la delusione è sigillo di autenticità. Allo stesso modo la persecuzione può essere sigillo di verità.
Poi s’impara – piano piano – a scuotere la polvere dai piedi, ma senza insultare né demonizzare le persone.
Accogliamo l’invito che Gesù rivolge ai Dodici di partire e raggiungere le persone nella loro situazione concreta: diamo la buona notizia che si può cambiare, liberiamo dalle forze del male, prendiamoci cura dei malati, non a parole ma ungendone il corpo. La missione della chiesa raggiunge il suo fine solo quando arriva a toccare la carne della singola persona e non si ferma sul piano delle idee e dei principi.
La corsa del Vangelo ha come sua unica meta il corpo delle persone, perché il Vangelo è a servizio della nostra vita.
D. Sebastiano Carlo Vallati