Nel nostro cuore, nella nostra mente ci sono mille voci.
Una voce ti dice di fare una cosa e l’altra ti dice di fare l’esatto opposto. Rischiamo di essere confusi, di non sapere quale strada prendere.
Anche noi chiediamo come la folla che ascoltava Pietro: “Che cosa dobbiamo fare?”.
E Pietro risponde: “Convertitevi”, che alla luce del vangelo di oggi può essere ridetto così: “Ascoltate la voce di Gesù, il buon pastore”.
L’immagine di Gesù come buon pastore a noi forse non dice più molto e probabilmente noi non siamo così propensi a riconoscerci in un branco di pecore..
Tra i primi cristiani l’immagine del Buon Pastore era molto comune. Nei cimiteri spesso era presente l’immagine di Gesù Cristo con una pecora in spalle: un modo per dire che è Lui che ti aiuta a passare dall’altra parte, ad attraversare il solco.
Quando si vede in alcune immaginette le orme sulla spiaggia con l’uomo che domanda a Dio: “ma dov’eri quando camminavo che qui ci sono solo le mie orme” e Dio che risponde ”no guarda che quelle orme sono le mie perché ti tenevo in braccio”, è una versione moderna dell’immagine di Dio come Buon Pastore.
D’estate quando vai in montagna vedi qualche gregge con un pastore e allora comprendi un po’ l’immagine usata da Gesù e la sua capacità di parlare del Regno di Dio utilizzando immagini del vivere quotidiano della sua gente.
Nel vangelo odierno Gesù sta parlando ai farisei, che gli hanno contestato la guarigione in giorno di sabato di un uomo cieco dalla nascita. Essi si sentono guide e pastori rispetto al popolo di Dio, perché interpretano la sua parola e sanno insegnarla, dando anche l’esempio esterno di una vita condotta in osservanza alla Legge.
Ma Quaresima e Pasqua ci ha fatto vedere che di buon pastore c’è uno solo e il buon pastore è colui che si è fatto agnello condotto al macello.
Leggendo i vangeli comprendo che di Gesù mi posso fidare perché a Lui interessa veramente la vita dell’uomo. Nella sua esistenza non è rintracciabile nessun inganno pur di avere un discepolo in più; nessuna prospettiva di una vita che non fa seriamente i conti con la durezza del vivere. Bella l’espressione di Pietro: “Non si trovò inganno sulla sua bocca”.
Per seguire Gesù e ascoltare la sua voce è necessario conoscere chi Lui è.
E Lui è stato un buon pastore perché ha vissuto in mezzo alla gente, conosceva i suoi discepoli, conosceva il cuore dell’uomo. “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
In Cristo Dio non è più estraneo al vivere dell’uomo: sa cosa vuol dire vivere da uomini, ha patito come noi.
E il suo desiderio è che la vita dell’uomo riesca e per questo ha vinto anche l’ultimo nemico dell’uomo, cioè la morte.
“Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un divino cui non corrisponda il rigoglio dell’umano non merita che ad esso ci dedichiamo” (Bonhoeffer)
Gesù dice che “Lui chiama ciascuno per nome”, è questo è vero: è Gesù che chiama, è Gesù che converte, è Gesù che conduce. Nella prima lettura è bello l’utilizzo dei verbi passivi: Pietro predica ma è il Signore che trafigge i cuori.
Poi viene detto che il gregge ha un fiuto particolare per riconoscere il pastore.
Sarà vero, ma non è sempre così.
Proprio nel vangelo secondo Giovanni durante la passione di Gesù le folle, poste di fronte alla scelta tra Barabba, un brigante, e Gesù, il pastore buono, sceglieranno il brigante.
Non sempre vox popoli è vox dei.
Anche verso i pastori si nutrono preferenze o rifiuti che non sempre sono dettati dallo spirito che viene dal vangelo.
Su Pietro nessuno l’avrebbe scelto come pastore. Invece Gesù ci ha scommesso.
Pare che Gesù abbia un buon intuito, anche perché nelle fragilità dei pastori si capisca che il Buon Pastore è solo Gesù Cristo.
Don Sebastiano Carlo Vallati