Le nostre novelle
XXVI domenica del tempo ordinario - 30 settembre
In quel tempo Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».

XXVI domenica del tempo ordinario - 30 settembre

Dal vangelo secondo Marco


In quel tempo Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.  Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.  E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. (Mc 9,38-43.45.47-48).


Non è raro provare una certa antipatia di fronte a qualcuno che manifesta bellezza e verità nel suo agire, senza però appartenere al gruppo di coloro che la pensano come noi.
Antipatia che non è estranea al gruppo dei dodici: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”, dice l’apostolo Giovanni.
Allo stesso modo nella I lettura (Nm 11, 25-29) Giosuè “figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza”, mostra rabbia di fronte all’improvvisa capacità di profetizzare che due uomini maturano restando nell’accampamento, senza nemmeno fare la fatica di uscire per andare alla tenda dell’incontro col Signore: “Mosè, mio Signore, impediscili!”.
Anche noi assomigliamo a bambini capricciosi tutte le volte che cerchiamo di impedire che negli altri si manifesti la forza e la bellezza della vita in forme migliori rispetto a come crescono in noi.
“Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito”, così risponde Mosè
La risposta del Signore Gesù di fronte al desiderio di eliminare chi non appartiene alla cerchia dei discepoli, è in linea con quella di Mosè: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”.
“Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”.
“Chiunque”: il bene e le sue possibili manifestazioni hanno firme diverse, con all’origine la stessa radice, l’amore suscitato nel cuore dell’uomo dallo Spirito di Dio.
“Chi non è contro di noi è per noi”: Gesù esorta ad accettare di non essere i soli a compiere il bene, ad accettare che altri, diversi da noi, che neppure conosciamo, possano compiere azioni segnate dall’amore.
Se sei interessato al bene dell’uomo, non indugiare in atteggiamenti di selezione o di esclusione. Nemmeno quando le azioni degli altri possono mettere in ombra il nostro prestigio e le posizioni che possiamo aver raggiunto.
Nel libro dei Proverbi si legge: “Chi ha raccolto il vento nel suo pugno?” (Pr 30, 4b).
E se per il vento intendiamo lo Spirito Santo, nessuno potrà dire: solo io lo possiedo, solo io lo tengo in pugno. Lo Spirito “soffia dove vuole e non sai dove va” (Gv 3,8), appunto.
In ogni gruppo c’è sempre chi non accetta di ritenere buono quanto proviene da chi non appartiene al proprio giro, chi pensa di raccogliere il vento dello Spirito nel proprio gruppo.
A volte c’è un’idea dell'appartenenza religiosa come un confine che separa dal resto del mondo, che giudica tutto sulla base del rapporto noi-loro.
Gesù, come già Mosè, non insegna mai l’idea che appartenere a lui possa richiedere la protezione dei confini con chi viene ritenuto estraneo, che essere amici suoi possa significare essere nemici di qualcun altro.
Semmai appartenere a Gesù dovrebbe addestrare lo sguardo a scovare ovunque tracce di quella semina evangelica che merita tutta l’amicizia e il consenso del Maestro.
Se c’è qualcosa da tagliare, va cercato anzitutto in noi stessi: “Se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio è motivo di scandalo… taglia e getta via”.
Piuttosto di escludere l’altro, impariamo ad escludere quella parte di noi che ancora non è capace a trovare la strada per “entrare nella vita e nel regno di Dio”.
“Chi non è contro di noi è per noi”.
Dobbiamo chiedere di non essere gelosi o invidiosi della sovrabbondante generosità divina. Sapere piuttosto apprezzare il dono di Dio, laddove si fa riconoscere, senza volerlo necessariamente imbrigliare nei nostri schemi precostituiti.
Tutto ciò che è vero, bello e buono – chiunque lo promuova – viene dallo Spirito.
Non mettiamo limiti alla Provvidenza, ci priveremo di inaspettati motivi di gioia e di ringraziamento.

D. Sebastiano Carlo Vallati

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