Le nostre novelle
XIX domenica del tempo ordinario - 21 ottobre
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».

XIX domenica del tempo ordinario - 21 ottobre

Dal vangelo secondo Marco (10, 35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi cori Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

 

Da alcune domeniche il vangelo ci presenta Gesù che sta salendo a Gerusalemme, dove si sa cosa gli accadrà in quella città.

Tutte le volte che Gesù annuncia la sua passione, nel vangelo segue l’incomprensione dei discepoli: Pietro che non capisce, la discussione tra i dodici su chi tra loro fosse il più grande.

Anche i discepoli sono convinti che “i grandi esercitano il potere” e con il potere ottengono tutto ciò che vogliono.

Spesso, noi viviamo la nostra fede nel Cristo in questo modo: consentiamo agli ideali di Gesù, ammiriamo i suoi insegnamenti, siamo dalla sua parte quasi in tutto, ma insieme abbiamo una certa persuasione che tutto ciò ch'egli propone sia impossibile.

Il possibile, si sa, dipende dal potere.

E il potere impone un cammino diverso da quello di Gesù.

Il potere, e cioè: le leggi del vivere sociale, della professione e dell'economia.

Tutte queste leggi riducono il nostro legame al Maestro a sentimento inefficace.

Lungo tutto il cammino verso Gerusalemme Gesù aveva cercato di convincere i discepoli del contrario: non attraverso il dominio, ma attraverso il servizio, si regna.

La morte di Gesù non dovrà essere considerata come la dimostrazione dell'irrealtà dei suoi sogni, ma piuttosto come il cammino che doveva essere percorso per entrare nella gloria del Regno.

Tra Gesù e i discepoli vi è qui lo scontro tra due visioni della gloria: i due discepoli la intendono come successo, potere, splendore; mentre Gesù l’ha appena indicata nel servizio, nel dono della vita, nell’essere rigettato in quanto obbediente alla volontà di Dio.

Per questo egli tenta ancora una volta di portare i discepoli a guardare non alla gloria come termine finale, ma al cammino che conduce alla vera gloria, quella che essi neppure riescono a immaginare.

Eppure: ancora nell'Ultima Cena, i discepoli litigano per occupare i primi posti a tavola, mentre Gesù dichiara di voler stare in mezzo a loro come l'ultimo e come il servo di tutti.

Gesù sa che nella sua vera gloria, quella sulla croce, alla sua destra e alla sua sinistra ci saranno due malfattori, crocifissi e suppliziati come lui.

Gesù serve, ma “quello che io faccio, tu ora non lo capisci lo capirai dopo”, dice Gesù a Pietro.

Ecco: quel dopo è adesso, oggi, mentre torniamo a riunirci intorno alla sua tavola, e riprendiamo il cammino allora da lui percorso da solo e incompreso.

Chiediamo di «poter bere il calice che Gesù beve?».

Questo è il «potere» di cui preoccuparci.

Bere del calice di Gesù, per non perdere il contatto con Lui che cammina davanti a noi.

Per il resto, e cioè per il posto che a ciascuno verrà assegnato «nella sua gloria», conviene far credito a Dio e rimetterci nelle sue mani.

Scrive San Paolo: “Accostiamo con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4,14-16).

Gesù – che conosce la fatica umana del vivere e per questo ci è d’aiuto - si presenta come colui che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita.

Bellissima definizione di Dio: Dio è Colui che viene a servire.

Ringraziamo per questo Dio che condivide la nostra umanità, le nostre fatiche e capovolge i nostri schemi.

E chi cerca di vivere il vangelo, al termine della vita avrà come titolo d’onore questo: “Vieni servo buono e fedele, hai servito il Dio della vita”.

D. Sebastiano Carlo Vallati

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