I Domenica di Avvento - 2 dicembre
Vangelo (Lc 21,25-28.34-36)
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo.
Il Signore Gesù è già venuto, ma ancora verrà alla fine dei tempi.
Il tempo liturgico dell’Avvento ci sollecita a rinnovare questa attesa.
Un tempo che è occasione per “crescere e sovrabbondare nell’amore” (1 Ts 3,12) poiché la storia dell’umanità e del cosmo si svolge “davanti a Dio e Padre nostro, fino alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” (3,13).
Questa attesa può sembrare lunga e suscitare quindi fatica, sfiducia.
Già il Signore invitava il profeta Geremia a dare speranza ad un popolo segnato da “angoscia”, “ansia” e “paura” (a quell’epoca – VI secolo a. C. – anche causate dal dominio babilonese che portò alla distruzione del tempio di Gerusalemme e la rottura della dinastia davidica).
Di fronte a questa devastazione, Geremia invita a risollevare il cuore – come si legge nel vangelo – e ad alzare “il capo” (Lc 21,28), fino ad intuire la venuta di un tempo favorevole: “In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra” (Ger 33,15).
Gesù, allo stesso modo, dice che proprio nel momento dove tutto pare giunto ad una rovinosa e inevitabile fine, Dio renderà vicina e possibile una promessa di bene e un’esperienza autentica di liberazione quando vengono meno tutti i punti di riferimento: “Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte” (21,26).
Davanti a questo scenario incerto, Gesù insegna qual è l’atteggiamento da custodire: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano” (21,34).
A volte facciamo esperienza che ad appesantire il nostro cuore non è tanto ciò che accade attorno a noi, ma ciò che abita il nostro cuore.
Quante energie spese per progetti che non ci daranno pace, quante illusioni coltivate che diventano pericolose fantasie. Quanta fatica a fidarsi, ad affrontare i nostri drammi personali in relazione alla provvidenza che Dio saprà farci sperimentare.
“Vegliate in ogni momento pregando” (Lc 21,36): è necessario pregare per sollevare lo sguardo e non appesantire il cuore, per rimanere attenti alle “promesse di bene” (Ger 33,14) che il Signore rivolge a tutti.
Il vegliare può anche essere inteso così: non cadere nella pericolosa abitudine di rattristarci quando le cose non vanno come vorremmo.
Dobbiamo imparare a credere che le promesse di bene rivolte alla nostra vita, per realizzarsi, devono attraversare il mistero dell’attesa e dell’incertezza, la fatica di alleggerirci e di vigilare.
D. Sebastiano Carlo Vallati