Le nostre novelle
IV Domenica di Avvento - 23 dicembre
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.

IV Domenica di Avvento - 23 dicembre

 

Dal vangelo di Luca (1,39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

 

Il vangelo ci presenta l’incontro tra Maria ed Elisabetta.

Incontro che, per come viene narrato da Luca, riprende un episodio dell’Antico Testamento, quando il re Davide, dopo aver unificato tutto il Regno d’Israele, per festeggiare decide di portare l’Arca dell’Alleanza che contiene la Legge di Dio, a Gerusalemme.

E quando l’Arca entra in Gerusalemme, Davide si mette a danzare.

Nella Visitazione, Maria diventa la nuova arca dell’Alleanza, che porta dentro di sé non solo più la legge, ma Dio stesso, e il Battista danza nel grembo di Elisabetta.

L’incontro con Dio dovrebbe provocare una gioia che genera la danza.

Origene (III sec.), affermava che l'immagine più bella del cristiano è quella di una donna gravida, che porta in sé una nuova vita.

Sempre Origene diceva che il cristiano passa nel mondo gravido di Dio, portando dentro la sua vita un'altra vita, quella di Gesù Cristo.

Maria, la madre di Gesù, è la tenda nella quale la Parola di Dio prende dimora. Parola che, secondo Luca, inizia un viaggio, vive tra gli umani, da Nazaret a Gerusalemme e da Gerusalemme fino agli estremi confini del mondo, fino a Roma. Ecco “la corsa della Parola”, l’evangelizzazione che inizia con il cammino, il viaggio di una donna, di Maria, la madre del Figlio di Dio.

Maria, appena ricevuto l’annuncio della sua gravidanza, si mette in viaggio in fretta, verso la montagna della Giudea.

L’episodio della Visitazione invita a riflettere sul come visitare l’altro.

Dei monaci francesi (beatificati come martiri l’8 dicembre di quest’anno ad Orano) avevano dedicato il loro monastero, in Algeria, alla Visitazione.

L’incontro tra Maria ed Elisabetta esprimeva bene il loro servizio, quello della Chiesa in terra dell’Africa del Nord.

Maria va a trovare Elisabetta portando dentro di sé la buona notizia di un bimbo nel grembo. Immaginiamo l’imbarazzo di Maria che non sa come fare per rivelare questo segreto: bisogna dirlo o tenerlo nascosto? E se sì, come dirlo?

Frère Christian de Chergé scriveva: “L’imbarazzo di Maria è anche il nostro. Anche noi siamo venuti in Algeria un po’ come Maria, innanzitutto per rendere un servizio: questo è il primo intento di Maria (và ad aiutare la cugina, una carità). Ma noi monaci, come Maria, non siamo solo lì per aiutare, ma anche per portare una buona notizia che è il vangelo. Come fare a dirla?”.

Il primo passo: “Maria, entrata nella casa, salutò Elisabetta”.

Dobbiamo entrare, andare incontro alle persone. Non restarsene al di fuori, ad aspettare che qualcosa accada ma avvicinarsi, bussare. Non ci avevo mai pensato ma la parola "salutare" contiene una promessa di salute per le relazioni, per la salvezza negli incontri.

Succede che vai a trovare qualcuno, ti prepari il discorso da pronunciare, poi quando sei lì, non riesci a dire una sola parola di tutto ciò che ti eri preparato.

Maria “saluto Elisabetta”: quel semplice saluto ha fatto vibrare il bimbo che Elisabetta aveva in grembo. A volte, visitando l’altro non sai come dire le cose ed è l’altro che parla per primo, che reagisce alla tua presenza, al tuo semplice saluto.

Il secondo passo: benedire. Elisabetta esclamò: “Benedetta tu fra le donne”.

Se ogni prima parola tra noi fosse così, come si salutano i francescani: “Pace e bene”. O i benedettini: “Dominus Tecum” (Il Signore sia con te), o le suore del Cottolengo: Deo gratis.

Dire a qualcuno "sei benedetto" significa riconoscere che Dio abita in quella persona.

Il terzo passo: Maria disse: l'anima mia magnifica il Signore. Maria ringrazia.

Questo vangelo può aiutarci ad interrogarci se abbiamo voglia di portare ad altri il lieto annuncio del vangelo, ed anche interrogarci sul come annunciarlo, rispettando l’altro ma senza nascondere la bella notizia che vuoi far conoscere.

Di solito si crede che il modo comune di proclamare la fede sia ad alta voce.

Maria, invece, comincia andando a comunicare la notizia a sua cugina all’interno di una conversazione quotidiana, in un ambiente familiare.

Mi pare che per noi oggi sia faticoso parlare di Dio nelle conversazioni quotidiane.

Forse non ci osiamo, non riusciamo a trovare le parole.

Ma sappiamo anche che lo Spirito Santo ci verrà in aiuto e ci aiuterà ad imparare dalla Madre di Gesù l’arte della visitazione.

 

D. Sebastiano Carlo Vallati

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